Tutti a Parma contro la vivisezione, in seguito al programma delle università di Parma e Torino, per difendere il diritto alla vita, alla salute e alla libertà degli animali, esseri senzienti e nostri fratelli minori.
Da più fronti e ormai da tempo si chiede al mondo scientifico di chiudere questa pagina sanguinaria di storia per orientarsi verso l’innovazione della sperimentazione alternativa non cruenta.
La risposta che la sperimentazione alternativa non porti gli stessi risultati è del tutto insoddisfacente e arbitraria.

Se sappiamo che una scimmia non può mangiare quello che mangia il leone, che il leone non può mangiare quello che mangia il pappagallo, che il pappagallo non mangia quello che mangia la balena e che la balena non si alimenta di quello che alimenta l’uomo, allora anche la cura non può essere la stessa e dimostra come la sperimentazione animale sia limitata, imprecisa e imperfetta; ma è evidente quanto sia proficuo e immenso il giro d’affari.
Imprenditori, capitalisti, scienziati, uomini potenti SIATE CREATIVI!
Scegliete una sperimentazione non violenta! Potete farlo, potete convertire le catene di montaggio dell’orrore e della distruttività in altrettante catene di montaggio etiche e produttive che daranno lavoro ai tanti ricercatori in cerca di occupazione e riempiranno i vostri portafogli affamati. E anche voi, forse, riuscirete ad essere un po’ felici.
Di notevole interesse il libro Contro la vivisezione, di Lewis Carroll, Elliot Editore
http://www.ilpoteredellaparola.com
Liberi tutti di pensarla come si vuole, ma bisogna partire dalla realtà:
i macachi non verranno accecati, ma molto più blandamente verrà indotto un piccolo danno indolore alla loro corteccia visiva che non danneggerà in maniera grave la loro capacità di movimento e di relazione con altri animali (https://www.sciencemag.org/news/2019/08/italian-blindness-researchers-planning-monkey-studies-threatened-after-health-ministry).
Sull’altro piatto della bilancia: questa ricerca produrrà conoscenze che miglioreranno significativamente la vita di coloro che sono sopravvissuti ad un ictus cerebrale (200.000 casi l’anno solo in Italia). Conoscenze che ad oggi non possono essere acquisite con metodi differenti dalla sperimentazione animale perché i sistemi biologici al centro di queste ricerche sono troppo complessi ed hanno ancora troppe incognite per poter essere riprodotti in vitro (cellule su piastre) o in silico (modelli al computer).
Non che altri metodi non siano stati utilizzati: prima di arrivare a questa sperimentazione sulla vista, i ricercatori in questione si sono dedicati per anni allo studio del problema in vitro ed in silico. Senza usare animali, hanno così potuto scartare una montagna di ipotesi che si sono rivelate non efficaci. Ma adesso che la strada per una possibile cura è indicata, è necessario usare la sperimentazione animale perché tutti gli altri metodi sono già stati usati al massimo delle potenzialità.
Ultima cosa, il termine “vivisezione” è utilizzato in maniera tendenziosa per fuorviare l’opinione dei lettori: gli animali che usiamo noi scienziati sono sempre rigorosamente sotto anestesia ed in ogni esperimento che facciamo ridurre al minimo la sofferenza dell’animale è nostro obiettivo primario, più importante anche del risultato della ricerca.
Se un chirurgo mi asporta l’appendice mi sta vivisezionando? Probabilmente non useremmo questo termine e quindi non dobbiamo usarlo neanche in situazioni analoghe quando sotto i ferri c’è un animale.
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Mi domando perché, essendo così un blando intervento, non ci siano volontari umani – primi fra tutti gli scienziati dediti al bene dell’umanità – disponibili ad essere sottoposti a tale sperimentazione. Accetto la sua opinione ma non la condivido da nessun punto di vista.
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