ARABELLA di Emilio De Marchi

Un sapore d’altri tempi si gusta fra le righe dell’opera di De Marchi, opera che riprende la narrazione del precedente romanzo Demetrio Pianelli.

Arabella, Emilio De Marchi, Editore Gemini Grafica

Arabella, protagonista classica della letteratura ottocentesca, come tante eroine coeve rivela una sorprendente modernità per la capacità di esprimere un’accettazione e una rassegnazione che, al momento giusto, si trasformano in risolutezza e rispetto di sé, e se anche basta l’incontro con l’altrui fragilità a riportarla sui suoi passi, di nuovo, sa sottrarsi dalla volontà egoistica di chi vorrebbe immolarla agli interessi di famiglia; anche se sarà un sottrarsi assoluto senza ritorno o via di fuga.

Ce n’era d’ogni colore, portinai, stampatori, mastri di muro (Gioacchino Ratta aveva cominciato anche lui col portar la secchia della calce) piccoli bottegai, venditori girovaghi, quasi tutti con qualche segno del mestiere e della miseria indosso, chi male infagottato nei panni d’inverno, chi livido e fresco nei pochi vestiti della festa.

Romanzo verista, che vede nell’ambientazione la miseria di intrighi e palesi ingiustizie, offre una carrellata di personaggi dove tutte le sfumature dell’animo umano sono rappresentate con acume e profonda umanità. Non una parola pesa nell’economia del testo che risulta misurata e coerente. Il linguaggio ormai desueto affascina per la curata e semplice bellezza, mentre l’ironia di certi dialoghi affianca al dramma l’affrancamento dalle vessazioni da cui, se si vuole, ci si può distanziare.

Nella sua naturalezza il processo di trasformazione dei personaggi risulta morbido ma inevitabile proprio per lo spessore che viene a mano a mano espresso dal mutare dei sentimenti.

Arabella è un romanzo da ritrovare  perché permette di osservare quella soglia che divide il sì dal no e che ognuno di noi varca con regolare periodicità più o meno consapevolmente.

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