Al saluto dell’autunno che ha dispensato i suoi frutti e lasciato cadere le ultime foglie dorate, l’inverno apre le porte al mistero della quiete, al ritirarsi in sé per riposare e trovare il calore del cuore, mentre fuori tutto è buio e freddo.
La nostra civiltà ha uno strano modo per armonizzarsi con i ritmi naturali e proprio quando il corpo e l’anima vorrebbero calmarsi, la quotidianità si fa ancora più frenetica e rumorosa e un’insoddisfazione sotterranea si maschera di sfumature che ne nascondono la causa.
Superata la visione limitata del tempo, di appena due secoli, appare la visione di un modo di vivere antico, certo più difficile e decisamente scomodo se paragonato agli standard attuali, ma vero armonico. La medicina forestale ci ricorda che l’uomo è costruito per vivere nella natura e con i ritmi della natura; così è stato per millenni e millenni.

Di tutte le memorie perdute, questa è la più struggente.
La condizione nella quale ci si trova oggi, l’inquinamento, lo sfruttamento dei popoli, il prevaricare, non dei più forti sui più deboli – come sempre si sente dire – ma dei più poveri di etica a danno di tutti gli altri, ci obbligano a ritrovare la memoria di un passato per cui si prova un’inguaribile nostalgia. Si vorrebbe indietro il mondo com’era, quello che si ammira nelle opere dei paesaggisti del seicento e del settecento, quando i colori erano brillanti, l’aria trasparente e l’atmosfera incontaminata.
Forse, basterebbe solo approfittare di questa stagione bianca e silenziosa per fermarsi di tanto in tanto e sostituire l’attività continua e gli impegni improrogabili che riempiono ogni ora della giornata, con uno stop che abbia una cadenza solitaria e quieta, che sia come una poesia che si svela nel cuore per riempirlo di attimi rubati e permetterci di tornare finalmente a casa, e ritrovare la natura come un’amica, come una madre.
https://elisabettamastrocola.com/2018/05/29/di-foglie-e-di-parole/